I pedali da bicicletta sono provvisti di gancio per le scarpe, cosicché il ciclista non possa fuggire alla sofferenza a cui è stato condannato.
lunedì 15 agosto 2011
IL DRINK TEAM A MONTE NERONE
Cosa può fare una mente sempre in fermento, un ingegnere prestato al podismo che di punto in bianco tradisce le proprie scarpette da ginnastica per quelle con gli sganci rapidi di una bicicletta? Enrico, parente mio e di Roberto di lungo corso, nel senso che ci diciamo parenti ma se ci chiedono perchè e per come dovremmo andare a spulciare all'anagrafe tutto l'albero genealogico delle frazioni limitrofe, negli ultimi tempi si è innamorato dei pedali.
In mtb è un funambolo che ve lo raccomando: l'ultima volta che siamo usciti ha rischiato di schiantarsi nel dirupo tre volte in 120minuti! Eppure ha una tempra agonistica inaffondabile. Su strada ha un solo problema, che deve affittare la bici ogni volta che vuol darsi al bitume. Performance veramente edificante è stata la gita al mare col drink Team: il nostro ingegnere ha retto con ardore 110km. Galvanizzato dalla cosa, il giorno dopo ha subito organizzato un ulteriore evento, decisamente più impegnativo se è vero che son le pendenze a mettere in difficoltà i neofiti. Trestina-Monte Nerone in mountain bike. Con Drink Team al seguito e le mogli ad attendere al rifugio in cima al monte con tavolo prenotato per rifocillare le gambe degli atleti stanchi. Al via un parterre di tutto rispetto: Faina, il Peru, Luca ed Io. Ovviamente puntuale alle 7.30 al punto di partenza giunge il PR ingegnere con tanto di cartina indicante la via, stampata con una risoluzione che faceva intendere stesse per terminare l'inchiostro da un secondo all'altro. Eppure si dilettava a dare delucidazioni, io come ogni volta che si parla di matematica o di geografia attaccavo dentro il mio cervello un jingolino intrattenitivo riempitivo, tipo la sigla di carosello. Terminato lo standby del briefing si va.
Mentre si guadagna la strada per Castelguelfo iniziano a girare all'interno del gruppo leggende incredibili e straordinarie sui tempi che impiegheremo per giungere alla vetta. Luca prende come esempio le scalate dei grandi campioni come Sastre, e ottimisticamente aggiunge qualche dieci minuti in più per calcolare le ore che lo separano dall'abbuffata di tagliatelle. Il Peru è uomo coi piedi per terra e spesso il culo dentro l'acqua visti gli approcci da marinaio degli utlimi tempi, e riporta tutta la combriccola a ridimensionare le proprie aspettative. Ovviamente tra un'idiozia gratuita e l'altra, nessuno becca la svolta al bivio e dopo tre chilometri di discesa verso la direzione errata si accende la lampadina.
La colpa è indubbiamente di Luca che a forza di parlare ci costringe ad assentarci totalmente dalle nostre funzioni cognitive per non ledere le ultime risorse neurologiche rimasteci. La scelta diviene ardua. Allungarla di qualche chilometro evitando di rifare la collina e goderci la famosa ascesa che fecero al giro d'italia? o riprendere le tracce appena solcate ma non del tutto certi del bivio da imboccare?
La prima scelta è quella che va per la maggiore anche se le discussioni ci accompagnano fin sotto la base del Nerone, poi da qui nessuno apre più bocca. Ognun per sè e Dio per tutti! Neanche un tornante e già tra una sosta di dieci minuti alla fontana e una signora anziana che ci sfotte a man bassa, la solida unione del drink team inizia a vacillare.
Faina mi affida un compito importante: arrivare in vetta prima di Luca. Non potrei mai deludere un caro amico: sarà fatto Messer Faina, vostra schiava obbediente. Roberto so che sa benissimo come regolarsi e non avrà problemi. Per Enrico ammetto di aver nutrito qualche perplessità quando il Peru lo ha avvisato della lunghezza della salita e del dislivello da scalare. Però ormai ho fatto una promessa.
Luca gioca di pretattica...ma io più di lui. Mi fa "Li aspettiamo o andiamo? Tu che fai?". "Io vado come mi sento e casomai ogni tanto rallento!". La cui traduzione era -adesso ti affianco e controllo quanto sbuffi e ansimi e poi ti pugnalo alle spalle!-. Quando mi fermo per mangiare una mora e lui continua capisco che non gliene avanza, altrimenti mi avrebbe aspettato. Allora capisco che la marmellata la farò domani, ora è tempo di dar battaglia. Lo riprendo aumentando un pò, quando lo passo vedo che suda e sbuffa. Giù gas!!! E dopo cento metri la ruota posteriore mi gioca un tiro mancino, fa una bolla enorme. La mescola si è staccata dalla tela, esplode per fortuna con un piccolo foro che però il latex non chiude. Bisogna mettere la camera. Luca si ferma e da vero cavaliere collabora nella riparazione. Tutto da rifare.
Siamo a poco più di metà salita. Ogni tanto ai lati ci sono stradisti fermi coi crampi o ciclisti molto più rilassati di noi. A corredo dell'asfalto delle cacche di mucca immense che richiamano dei tafani giganti che si cibano del bitumaro puzzolente. Oggi infatti ho contato quattro punture di tafano.
Un tornante dopo la riparazione e decido di affondare il colpo. Luca non reagisce e io sto proprio bene. Mi godo il silenzio di una salita veramente dura e lunga, ma con un panorama da far piangere il cuore, una luce tutt attorno che vira dal blu all'arancione a seconda di come il tornante è orientato: campi d'erba e cespugli secchi e immense distese di bosco sotto un cielo limpido. E quando stai per arrivare in cima tutto diviene più buio: uno spazio infinitamente piccolo tra l'ultima erta e il cielo che fa da cappello a questo bellisismo mostro che pare una spada che trafigge le nuvole. Il monumento del giro, ciclisti stesi per terra, sembra di conoscersi da una vita, si confrontano le fatiche ma non i tempi poichè il sudore, almeno quello, è l'ultima cosa di questo mondo che resta democratica. Dopo cinque minuti arriva Luca. E insieme aspettiamo il resto della banda. Faina arriverà discretamente attardato coi crampi fino alla punta delle orecchie. Roberto, come immaginavo, ha sostenuto nell'impresa il povero Enrico, in preda alla crisi più nera, che alla fine ha optato per farsi soccorrere dalla moglie motorizzata. Eppure taglierà per primo il traguardo Roberto con le sue due ruote piuttosto che l'ingegnere in auto. Il resto è una doccia molto naif in mezzo ai prati e un pranzo con tagliatelle che si scodellavano come la domenica a pranzo dai nonni. Aspettiamo che Enrico dimentichi l'ultima fatica e organizzi nuove avvuenture: presto la scalata del Tourmalet o la Race Across America.
A VOLTE RITORNANO
mercoledì 10 agosto 2011
IN BICI CON MYRIAM PER "BIKE IN UMBRIA"
tratto da Facebook, Bike in Umbria
La mia pedalata in Alto Tevere con Romina Perugini: un'esperienza arrivata diritta diritta nel cuore
Cosa rende una esperienza unica, indimenticabile, saziante, appagante? A volte non è indispensabile la presenza di un paesaggio mozzafiato per provare quella sensazione di profonda soddisfazione e di appagamento dei sensi. Non sempre, infatti, possiamo avere l'opportunità di ritrovarci in luoghi simili, che ti costringono a guardare in silenzio, perché una sola parola romperebbe quel tondeggiante equilibrio che è della natura. Esistono altri luoghi in cui immergerci, che chiamo situazioni e che riescono lo stesso a riempirti la pancia, il cuore e la testa di benessere. Perché la mia pedalata con Romina Perugini si è trasformata in una esperienza speciale? E perché penso che Romina Perugini sia una persona speciale? Io vi racconto del mio benessere provato, la mia chiave di lettura di quasi 38 chilometri tutti consumati parlando e ascoltando. Una manciatina di chilometri, per gli abituè. Ma non è questo il punto. Perché Romina mi ha invitata nella sua Alta Valle del Tevere non per farmi sudare e faticare. Ha rispettosamente tenuto conto della mia preparazione e come una ottima padrona di casa mi ha trasformata nella protagonista della giornata. Romina è, per chi non la conosce, una giovane donna che ha vinto diversi titoli in varie discipline mtb. E' una donna tutta muscoli da cui fuoriesce energia pura. Romina ed io non ci eravamo mai viste prima di sabato 6 agosto. La seguivo come una vera fan su fb, subito affascinata dalla sua determinazione, e mi sognavo di chiederle, prima o poi, di pedalare insieme. Mi sono lanciata, perché ho pensato che se non avesse voluto o potuto farlo mi avrebbe detto semplicemente "no". E invece mi ha dedicato una intera mattinata, rinunciando alla sua consueta pedalata con i suoi amici del "Team Drink" ; ha pianificato un percorso che rispettasse la mia condizione fisica, introducendo comunque una piccola sfida, che sarebbe servita a misurare la mia resistenza: una salita di circa 3 chilometri, con pendenza media del 4/5 %, per raggiungere il borgo di Citerna. Non nascondo di aver provato un pò di ansia prima del nostro incontro: lei sapeva chi ero e come stavo ma non desideravo affatto mollare di fronte alla prima difficoltà in un territorio mai esplorato in bicicletta. Per affrontare il percorso ci siamo date appuntamento alle 9.00 al Ciclodromo di Città di Castello. Sabato 6 agosto era una giornata calda e umida, un particolare del tutto irrilevante per Romina e che segnava la prima differenza tra noi due, perchè io ero già un pò sofferente. L'incontro è stato sorprendente e ho avuto la sensazione che lei fosse felice quanto me di pedalare insieme (alla fine me lo dirà espressamente). Per dimostrale la mia gratitudine non mi sono presentata a mani vuote ma non pensavo affatto di essere accolta anche con un regalo di benvenuto che conserverò gelosamente: la sua maglietta vinta alle regionali di cross country.
L'obiettivo era quello di raggiungere il borgo medievale di Citerna, un punto strategico del territorio altotiberino, da cui godere di una parte del nostro Appennino, dall'Alpe della Luna al Catria, a cavallo tra 4 regioni, Umbria, Marche, Toscana ed Emilia Romagna. Abbiamo quindi percorso tutto il lungo Tevere che da Città di Castello conduce a Piosina, su un terreno perlopiù sabbioso, fiancheggiando i punti di ritrovo per la pratica del canottaggio. E fin qui non abbiamo mai smesso di parlare e lei ha risposto alle mie mille domande con tono sempre rassicurante. Mi ha preceduto con una eleganza da principe, per segnalarmi con prontezza i piccoli ostacoli e suggerirmi le marce più adatte per affrontarli. Poi ci siamo ritrovate sull'asfalto, un brutto asfalto, che ha alimentato altre interessanti discussioni, acute osservazioni e anche risate un pò amare. E poi le distese di tabacco, che colorano di verde questa parte del territorio, che Romina conosce a fondo, nei particolari, nelle tristi sorti della sua economia. Una descrizione accurata che mi ha fatto sentire l'odore del tabacco, incredibile!
E nel frattempo è arrivata la salita da affrontare per raggiungere Citerna, al chilometro 16,2. E' in quel momento che Romina svela tutta la sua maestria e abilità: non smette di parlare e non fà smettere neanche me e, come se riuscisse a leggere nei miei pensieri i momenti di cedimento, mi ripete "stai andando benissimo". Alla fine non so quanto ne fosse convinta ma ha convinto me. E così mi sono ritrovata sul punto più alto di Citerna scambiando con lei sguardi pieni di soddisfazione. Quella mattina il caldo umido distorceva visibilmente i contorni del paesaggio, poco nitidi e leggibili. Non era certo quella la fonte della felicità, quella mattina. Siamo riscese passando per la piazzetta Scipioni, dominata dalla torre Civica munita di orologio che non abbiamo letto! E prima di imboccare i tornanti che ci avrebbero fatto scendere fino alla piccola frazione tifernate di Pistrino, Romina mi ha fatto attraversare un caratteristico camminamento medievale oggi adibito a ristorantino. I tornanti ci fanno scendere la collina tra querce e lecci per poi raggiungere di nuovo le distese di tabacco. Attraversata la piccola Pistrino, riprendiamo il lungo Tevere con una gran voglia di fare un bagno in quelle acque poco invitanti. Parliamo ancora, non abbiamo mai smesso di farlo; il sentiero è stretto e si incrociano anche persone a piedi, mi chiedo in quale condizioni si trasformano quei percorsi durante le competizioni. Finiamo per parlare delle donne nel mondo del ciclismo, della loro difficoltà, ancora, a ritagliarsi una propria autonomia, ad uscire da una condizione di marginalità che Romina esemplifica paragonando i premi in prosciutti per gli uomini e in spallette per le donne!
Pensiamo che sia l'ora del meritato aperitivo con veloce giro nel centro storico di Città di Castello, dove faremo lievi acrobazie per schivare la moltitudine di persone che richiama ogni sabato il mercato della città. Ci sediamo. Romina è in formissima, io un pò meno, e pensa già ad organizzare il suo pomeriggio in canoa!
Romina è una giovane donna, acuta e sensibile, che serba un profondo rispetto per la sua terra, che conosce profondamente e che quindi può criticare, smontare, elogiare. Ha una determinazione sviluppata dalla sofferenza, che l'ha resa capace di mettersi in ascolto e di non essere la protagonista quando non si tratti di una gara! 37, 74 chilometri pedalati intensamente, nel senso che ora potete cogliere, alla fine di un racconto che invita tutti quelli nelle mie stesse condizioni a provare un percorso simile di pedalata condivisa.
sabato 6 agosto 2011
IL CICLISMO CONDIVISO
Non basta una vita intera per fare un giro completo di una capocchia di spillo, figurarsi poi se bastano solo sei anni trascorsi ad occupare ogni attimo utile della giornata col fondoschiena in sella. Di cose se ne imparano molte, ma non sono mai abbastanza ed è fondamentale non sentirsi mai la pancia e soprattutto la mente piena. In questo ultimo periodo sto realizzando quanto possa essere ampio il significato del tutto riduttivo che il turismo e i neologismi in genere stanno affibbiando al discorso del "bike sharing". Generalmente si identifica con tale dicitura il servizio offerto da molte città "sedicenti" civili, di parco bici a gettoni, per andare al lavoro, per un economia sostenibile e soprattutto per sfruttare piste ciclabili costruite evidentemente da gente che ha molta fretta di andare in auto da un luogo all'altro e non vuol premurarsi di risparmiare la vita a chi pedala accanto ad una striscia bianca. Ghettizzare i ciclisti pare sia un'abitudine di chi pensa che al mondo non ci sia posto per tutti eppure vedo bellissime distese erbose ormai ricoperte di un esercito di pannelli fotovoltaici che pure il compianto Burri farebbe fatica a definire artistici.
In una realtà decisamente collinare come la nostra le piste cicliabili sono utili quanto un crostino al caviale dopo una marathon, sono chic, utili per invogliare un certo tipo di turismo, ma non possono arrivare al cuore del nostro territorio, possono accarezzarlo, ma non penetrarlo. E allora, se decido di divorziare dal concetto di sharing ciclistico comunemente inteso, voglio cucirgli addosso un vestito plasmato da esperienze personali. La cultura va veicolata, non si può posare su un tavolo e pretendere che la gente si serva da sè. Altrimenti non costringeremmo i nostri figli ad andare a scuola. Perchè se di condivisione parliamo, è importante distanziarsi dalla tangibilità delle cose e aprire gli occhi e le orecchie. Si può pedalare per il semplice gusto di far fatica e sudare. Ma il sudore ha sempre lo stesso sapore, quello della fatica. Mentre la gente che incontri, se è generosa, può farti parte del proprio mondo, il mutare delle stagioni e del territorio, ogni anno diverso, sono una storia con un epilogo mai scontato. Questo è il vero bike sharing, pedalare ad occhi aperti. Ieri grazie ad un amico ho imparato qualcosa di più, molto di più visto che ero totalmente ignorante in materia, riguardo all'astronomia. Anni fa grazie al buon vecchio Mauro...e mi perdonerà per il vecchio, ho iniziato ad apprezzare la varietà con cui la natura colora il palcoscenico del ciclista. Grazie a Tony, amante del basket ho avuto cuore di sorbirmi mezza partita per capire che proprio non lo digerisco sto cesto da riempire. Poi col Peru tra areoplanini, moto, canoa, pollice-verde (poco verde e molto pollice), di nuovi orizzonti se ne son visti. E con Carlo che mentre sali per Castelrigone ti racconta di immense mandrie di mazzancolle sbranate a bordo di una barca a Lampedusa, quando in tasca hai giusto una fetta biscottata e casa tua vorresti che si materializzasse lì al momento con tua madre che ti accoglie prima con un piatto di patate al forno e poi con un ciao. Le idee più brillanti nascono in sella ad una bicicletta, scommetto che il cruccio della relatività ad Einstein sia venuto mentre pedalava sopra una Graziella.
Un paio di settimane fa, una eclettica collaboratrice di Bike In Umbria addetta all'ufficio del turismo di Assisi, protagonista di un originale progetto, quello di tornare a pedalare con serietà e continuità documentando il tutto nel portale internet, mi ha chiesto di accompagnarla per qualche chilometro in Altotevere. Myriam si è presentata forte di due doti fondamentali: la curiosità e la totale assenza di quella brutta caratteristica che in psicologia viene detta profezia autodeterminantesi. Così per un paio d'ore ho potuto prestarle i miei occhi, parlarle a sfinimento mentre lei si godeva la salita che porta a Citerna e da lassù godersi un panorama che per noi è usuale quanto il tg della sera, ma per chi lo scruta la prima volta è un dipinto dalle tonalità del tutto sconosciute. Dal dare si passa in un attimo al ricevere...critiche giuste su come trattiamo gli argini del Tevere, come l'asfalto sia peggio dell'ultimo girone infernale. E di nuovo proposte, osservazioni e idee condivise, su cosa si drovrebbe, potrebbe fare e nessun vuol sforzarsi di mettere in pratica. E il discorso torna sempre là. Il mondo non è abbastanza grande per tutti, così ognuno si ostina a tener stretto a sè il suo brandello di realtà senza collegarlo a tutti gli altri brandelli, per timore che passandoci sopra se ne rubino un pezzo con le suole delle scarpe e ti rendano un granello di universo meno ricco. Un filo invisibile dovrebbe collegarci tutti, sarebbe utile impegnarsi nel trovarlo, piuttosto che sforzarsi nel trovare il miglior modo per tranciarlo!