Le giornate corte e le perturbazioni atmosferiche devono avercela a morte con noi ciclisti. E oltre a questo devono aver stipulato qualche contratto con le palestre di ogni dove. Credo che il divino lassù prenda una percentuale sul prezzo che i poveri amanti delle due ruote ogni anno sborsano alla palestra per sentirsi il meno depressi possibile nell'impotenza davanti alla natura matrigna. Buio presto e tempo brutto fanno sì che molti di noi si diano appuntamento in palestra. Luogo non troppo felice per chi ama gli spazi aperti. Fortunatamente c'è chi riesce a trovare in questa virata temporanea certi benefici. Il lato dell'umanità che vanta barba e peli può ammirare le forme femminili imprigionate in tutine di lycra che poco lasciano all'immaginazione. Io per quanto mi riguarda, arrivo in palestra il pomeriggio con un mal di testa tale e una voglia di pedalare all'aria aperta che se qualcuno mi parla lo magno vivo. Così, anche l'essere umano uomo più disgraziato di questo mondo non mi si avvicina manco a pagarlo. E meno male, visto che in questo periodo di soldi ne restano pochi. Soprattutto quando si spacca un cambio a settimana correndo le gare di ciclocross con troppa noncuranza. Bisogna dire che quando non vincevo mai non rompevo mai nulla. Ora che ogni tanto vinco, rompo sempre qualcosa, ma Matteo i prosciutti che mi regalano alle gare non li accetta al posto delle banconote.
Dopo questo breve excursus (madonna...si scrive così?boh) torniamo a dissertare sul luogo di perdizione del ciclista affetto da depressione invernale. Codesto ciclista è costretto ad un potenziamento con macchine e aggeggi tecnologicamente complessi che nulla hanno a che vedere con la bicicletta. Il ciclista è abituato a regolare la bici, salire e pedalare: il suo unico compito è partire da un punto A e giungere ad un punto B. In palestra invece gli si dà un foglio in mano, pieno di tabelle, numeri, con esercizi vari da eseguire i cui nomi sono scritti in un inglese che secondo me neppure gli istruttori comprendono fino in fondo, ma che si usa perchè va di moda. E allora vai di Lat Machine, di Crunch, di Cable, di Abductor. Ma il ciclista depresso lo si riconosce benissimo in mezzo agli altri palestrati. Se proprio non indossa il pantalone col fondello, del resto senza motivo visto che la bici è chiusa in garage, porta sempre addosso un segno di riconoscimento della propria squadra e o sport: un calzino, una maglietta, il cardio, i guanti, due corone, un paio di pasticche... Egli necessita di sentire legittimata la propria presenza fra tanti estranei. L'unica medicina che può curare, anche se solo in minima parte, la depressione del ciclista messo alle corde da una natura malvagia è un'attività di recente nascita. Lo spinning: l'unica cosa che questa discplina ha in comune con il ciclismo è il fatto che si pedala e che si suda come d'agosto a Cantalupo con le squillo del night a farti il tifo. In palestra le squillo non ci sono. Però c'è Mauro che è una presenza folkloristica non indifferente, che nulla ha da invidiare alle squillo. Anzi, sono le squillo che ce lo invidiano. Mauro nella sala spinning è stato inserito quale elemento di disturbo nei confronti di Gabriele, l'istruttore e collega di squadra. Temo per Gabriele che i suoi datori di lavoro stiano perpetrando atti di mobbing nei suoi confronti mettendolo a dura prova in quanto a livelli di sopportazione. Mentre egli lavora e dirige le sedute di spinning manco fosse Riccardo Muti, con al posto della bacchetta il telecomando dello stereo, c'è il Vigna nazionale che opera collegamenti pseudo-erotici ad ogni indicazione data dall'istruttore. E se non si tratta di questo, opta per un tipo di disturbo collaborativo, al quale prendo volentieri parte, ragionando con lui delle nostre cose, mentre Gabriele tenta di fare lezione. Così, per ovviare all'incazzatura causata da noi rompicoglioni, il nostro istruttore ci muove violenza, regolandoci la durezza della pedalata come un assassino. In pratica fa proprio come Crischia quando si pedala fianco a fianco: ti cambia marcia lui. Il bello viene quando la seduta di spinning termina e Mauro infila la sua tenuta da palestra. Trattasi di un panatalone nero attillatissimo a vita alta tipo calzamaglia dentro il quale incastra una maglietta sempre attillata e sempre nera. E il tocco di classe è dato dalla scarpa da ballerino di danza classica e completamente liscia sulla tomaia. Non so se ce l'avete presente, ma assomiglia molto al famoso mimo, Marcel Marceau. E d'ora in avanti sarà Mauro Marceau.
1 commento:
Il post mi ha fatto sbellicare dalle risate, però hai commesso un grave errore: accostare l'immagine di Mauro ad una persona che per lavoro sta in silenzio mi sembra quantomeno una forzatura!
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