La domenica è un sacro giorno per chi ama le due ruote. Ancor di più lo è la Compagnia Della Domenica, la cui denominazione non tragga in inganno, tale compagnia è sfruttabilissima anche nei giorni feriali, in quei momenti in cui si ha voglia di pedalare ma molto di più cazzeggiare, senza strafare e soprattutto non da soli. Per assolvere a cotanto compito La Compagnia Della Domenica deve possedere almeno 5 requisiti fondamentali e irrinunciabili che passiamo ad elencare:
- Nessun membro in quel sacro giorno deve concepire l’uscita come momento allenante, essa va considerata al pari di una birra al pub con gli amici. (A dimostrazione di ciò voglio citare un particolare episodio durante il quale, terminata un’ascesa di circa 20km, i due atleti presi in esempio si sono divorati un dolce di tre etti a testa, acquistato al bar in cima alla montagna).
- I membri (speriamo di trovare presto un sinonimo) devono tassativamente avere un piatto di cannelloni o lasagne al quale tornare terminata l’uscita. In mancanza di ciò, due sarebbero le problematiche che vanificherebbero le peculiarità della performance: non ci sarebbe lo stimolo a dare il massimo e al contempo mancherebbe l’ottima scusa per darci un taglio col chilometraggio…che se si protrae oltre le 12.30 è segno che qualcuno ha fatto male i conti (e tutti gli altri membri non mancheranno di recargli offesa in ogni modo possibile ed immaginabile).
- E’ buona norma che la sera prima si siano fatti i cosiddetti “stravizi” assommati ad una notte trascorsa con pochissime ore di sonno. Questa condizione è indispensabile affinché gli affiliati, l’indomani mattina possano mettere le mani avanti metro dopo metro, salita dopo salita: la scusante è la migliore amica di ogni sportivo, e che si tratti di gara o passeggiata è indifferente. Una buona scusa per una prestazione non eccelsa va sempre avuta. E’ lecito inventarsela di sana pianta, che in realtà pare essere la pratica maggiormente adottata, visto che in bici non si va col fegato in polpetta e i polmoni asfaltati.
- E’ fondamentale che all’interno del ristretto ecosistema ciclistico in questione i ruoli da ricoprire vengano intelligentemente assegnati. Per una selezione naturale di stampo lontanamente darwiniano avremo il ciclista super tecnologico e quello col braccino corto. Uno si vanterà dei soldi ben spesi, l’altro si gongolerà per i soldi risparmiati, pensando tra se e se… più spesso ad alta voce – Eh, tutti ‘sti soldi per venì al lago la domenica con noialtri!- Questa è solo una delle tante declinazioni con cui l’invidia può palesarsi.
- L’economia del gruppo, per potersi esprimere in tutto il suo splendore, non può fare a meno di un collega nel cui bagaglio culturale non sedimentino concetti generali di meccanica. Questo fattore diviene tra i più irrinunciabili soprattutto se il team ha al suo interno una donna, che solitamente, non solo non sa badare ai propri piccoli problemi, ma spesso ne crea anche in conto altrui. Funzione secondaria del meccanico, ma non per questo poco rilevante, è quella di venir contraddetto, malconsigliato e ridicolizzato durante i propri interventi. E’ comunque consigliabile evitare questo genere di comportamenti, pena il dover chiamare a casa e farsi venire a prendere.
L’immagine sotto mostra un esempio eloquente di quanto asserito fino ad ora. L’eterogeneità del gruppo è evidente, i 5 protagonisti di questo meraviglioso scatto ci azzeccano l’uno con l’altro come il sale dentro al caffè. Un occhio meno pigro e un osservatore maggiormente indagatore comprenderà al fine che è proprio questa molteplicità innata a dar vita ad un magnetismo capace di rendere quella che potrebbe essere la solita e monotona uscita in bici, una vera e propria avventura con tutti i crismi del caso e dagli sviluppi improbabili.
L’AVVOCATO: conosciuto dai più col nome di Carlo, o Carletto, in tempi passati tra le mura domestica era simpaticamente detto Er Chiacchiera. Ora la carica è passata di diritto ad altri, che la meritano molto più di lui. Ma per non smentire la natura stessa della sua indole, che non a caso lo ha portato ad optare per la professione che lo connota, Carlo parla. E’ un tuttologo della parola, egli la adopera nei modi più fantasiosi, e non è tanto la quantità, quanto la qualità delle proprie asserzioni a caratterizzarlo. E’ capace , in sella alla bici, di azzardare affermazioni del tipo “Forza, raggiungiamo quelle moto”, oppure “Beh, con un mese di allenamento intensivo potrei vincere l’Umbria Chellenge”. Nonostante l’interlocutore tenti di scovare una vena sarcastica nei suoi toni oratori, il suo sarà sempre un fallace tentativo. La cosa grave è che Carlo crede veramente nei fantasiosi parti della sua mente perversa. Ma se non fosse capace di cotanta capacità simbolica sarebbe di certo un avvocato mediocre. Al contrario il nostro atleta è un professionista, che oltre a rendere la passeggiata domenicale un’epopea iliadica, sta godendo di avanzamenti di carriera non indifferenti: oggi come oggi è impegnato nell’ardua impresa di tenere corsi serali di legge ad ex-detenuti... il che è un paradosso già di per sè!
L’ATTACCABRIGHE: chi spesso si diletta nell’uso più o meno intensivo del biciclo sa benissimo che oltre a fiato e gambe ben allenati, un altro lato prettamente tecnico della disciplina merita di essere esercitato. Seppure possa apparire di marginale rilevanza, il movimento del braccio, in particolari momenti della percorrenza, che si stacca dal manubrio con repentina destrezza e che sollevandosi oltre la spalla, poi torna con dolcezza sui comandi, il tutto accompagnato da parole mai pronunciate a caso ma spontaneamente decise al momento, è una pratica inscindibile da quella del ciclismo stesso. Per maggiore chiarezza e per amore della sintesi definiremo il tutto con tale dicitura: Mandare In Culo il prossimo. E’ importante saperlo fare, farlo bene e farlo quando serve. Roberto è un artista in questo e redarguisce il gruppo in ogni momento sull’importanza di far notare ai conducenti sconsiderati di auto, camion e Tir, quanto la loro guida assassina possa infastidire il biker. E’ dunque lecito se non doveroso, ribadisce il nostro mentore, stare sempre in campana e al primo clacson fuori luogo, al primo sbuffo di autocarro a dieci centimetri dalla ruota, prepararsi ad eseguire con raffinata puntualità il gesto di eloquente stizza. Quante volte il maestro mi ha ammonita per non aver prontamente risposto alle prepotenze inflittemi per strada, ma lui non capisce che le ritorsioni sono dietro l’angolo. O meglio, lo sa, e adora il brivido della sfida. Quando l’autoveicolo mette la freccia e accosta per rispondere a quello che considera un vero insulto, il guerriero della strada da il via a delle conversazioni al fulmicotone con persone che paiono uscite da un romanzo di Asimov: dialoghi che rasentano l’improbabile, dove la frase più gettonata che sfodera il conducente è “Dai, stai tranquillo, che tanto non ti ho messo sotto”. Il periodo della caccia al cinghiale, quando si preferisce l’uscita in mountain bike a quella su strada, è un succedersi di sgambate da farsi col cuore in gola, perché quando disturbi il cacciatore che dorme volano frasi del tipo “Eh, se passi mentre passa el cinghiale io sparo lo stesso, cavoli tua”.
IL MATEMATICO: lui non parla come noi comuni mortali, lui non ragiona come noi biker da strapazzo. Lui è l’uomo dei numeri, delle statistiche, delle pendenze e delle medie orarie. Nulla che non possa essere contato o misurato per lui non esiste. Il John Nash nostrano, al secolo Massimo, è capace di raccontarti come sono variati tutti e dico tutti i parametri del suo ciclocomputer (da lui denominato Computerino), da un minuto per l’altro. Calcola, memorizza, elabora e riporta al suo compagno di viaggio ogni informazione di carattere fisico-dinamico immaginabile. Come le prestazioni, anche le tecnologie sono suscettibili di tale metodologia applicativa: la bicicletta viene analizzata minuziosamente e ogni elemento deve godere dello status di perfezione. Un millimetro fuori posto potrebbe incidere negativamente sulle statistiche, e questo sarebbe un cancro devastante. Perfino il cellulare, la sua forma e il suo peso si sono piegati al volere di Massimo Nash: “L’altro telefono era troppo grande, ho comperato questo per venire in bici”. Per non parlare della borsetta del sottosella, con inserti in carbonio (così la camera d’aria che ci sta dentro assorbe meglio gli urti?). E se dopo una lunga e ripida discesa, con fondo stradale decisamente deteriorato, vi capita di preoccuparvi perché siete tutti in fondo ma Massimo non arriva, e pensate “Oddio, speriamo che non sia successo nulla!”, beh, eccolo arrivare. Allora subito accorati domandate “Massimo, tutto a posto?” E lui ribatte con lo sguardo posseduto come da una forza sovrannaturale “SEDICI!!!”. Voi vi preoccupavate mentre lui controllava la pendenza del tracciato.
L’ECTOPLASMA: difficile parlare di lui, capita raramente di vederlo. Solitamente prende appuntamento il sabato per disdirlo la domenica mattina poco prima di partire. Oppure arrivate sotto casa ed indossa ancora il suo pigiamino. Cristian, atleta dalle molteplici sfaccettature che nei prossimi post affronteremo con particolare riguardo, è una presenza che porta sempre con se il vessillo della casualità. Quando il fantasma si rende visibile e con svariati trabocchetti riuscite a convincerlo ad unirsi per un giro in compagnia, accade sempre l’inaspettato. Gran parte di questo va ricondotto alla sua totale inettitudine in campo meccanico: passa più ore durante una settimana nel negozio di bici che una donna dal parrucchiere per tutta una vita. Sostituire un copertone è una delle tante mansioni che preferisce delegare, e casualmente questi bisogni si palesano sempre ad uscita già iniziata, quando tutto il gruppo si è appena scaldato. Ma il club non rinuncia al suo Jolly, e anche se lui, in tutti i modi cerca di divincolarsi da una mattinata di sudore, sabotando il mezzo, riportiamo tutto in perfetto assetto da competizione e si va.
IL CAPRO ESPIATORIO: essere una donna in mezzo a molti uomini può essere visto come un fenomeno gratuitamente classificabile con la dicitura di zoccola, esplicita terminologia che per quanto possa sembrare inerente al mondo delle calzature in realtà indica tutt’altro genere di questione. Errore: la donna in bici è attraente quanto Platinette in costume, per i seguenti motivi. Suda come un uomo, sputacchia a destra e a sinistra come un uomo, soffia il naso a favor di vento come un uomo (spesso non sa farlo e le finisce sulla spalla) e ha le tette schiacciate dalle bretelle (questo però con l’uomo non c’entra). In più, tutta travestita e impacchettata, se poi aggiungiamo che porta i capelli corti, la scambiano sempre per quello che non è. E così, ormai rassegnata al suo status di transessuale si fa in quattro per ostentare questa maledetta parità dei sessi, e non è insolito che torni maggiormente distrutta da un’uscita in compagnia maschile piuttosto che da una gran fondo. Nonostante si sprema come un limone per tutto il tempo per limitare il salto deficitario di natura genetica, il compagno appena più avanti alle sue ruote urla al resto del gruppo con falsa premura “Caliamo un po’ il ritmo dai, non facciamole perdere la ruota”. Ingiustizie che si mandano giù volentieri, in prospettiva di tempi migliori in cui questi ipocriti verranno sverniciati (L’Avvocato)!!!