giovedì 20 marzo 2008

IN BICICLETTA AL TERMINE DELL'UNIVERSO




Ogni tanto è bello fare qualche allenamento lontano da casa, anche perché, per non andare mai in bici, ormai i percorsi dalle mie parti li potrei fare ad occhi chiusi. Un po’ meno chiusi li ho tenuti ieri, con i colleghi di lavoro di mio fratello.

Diego e Alessandro. Il primo è uno stradista che due volte l’anno gira con noi perché deve aver commesso qualche reato e allora il tribunale lo ha condannato a delle ore di servizio civile. Così accompagna noi ciclisti toccati. Alessandro è uno di quei ciclisti che predilige le discese tecniche alle salite, tanto che se un elicottero si presentasse durante la percorrenza per trasportarlo direttamente in cima alla montagna per lui sarebbe solo manna dal cielo. Tanto che se arrivasse il dottor Spok di star trek e gli proponesse un teletrasporto immediato non direbbe di no. Ama così tanto la discesa che per non dover prima andare in salita tra inferno e paradiso davanti al padreterno sceglierebbe direttamente di andare tra corna e forconi. Alessandro è uno che per non saper né leggere né scrivere ha messo alla sua scott bi-ammortizzata dei freni a disco più grandi delle ruote stesse, così da non dover pensare a problemi di sorta ogni qual volta deciderà di gettarsi in qualche dirupo. Ma Alessandro è un altro di quelli che dice che in bici non ci va mai e poi te lo ritrovi che quando vuole ha lo spunto brillante per scattare e darsi da fare: e ce ne vuole di buona volontà per farsi dar retta da 15 kili di bicicletta. E’ bene dunque che la finisca di tirarsela dietro con la storia delle notti brave trascorse in bianco tra fiumi di alcool e donne prosperose. Secondo me beve coca light e fa rulli tra un servizio al tavolo e un altro.

Il giro di ieri lo ha deciso Diego, che in diversi momenti ha puntualizzato “Io in mtb non vado mai”. Mi domando come abbia fatto a conoscere quei luoghi al termine dell’universo dove ci ha portato ieri se lui va solo su strada. Ma sapevo benissimo che la sua frase voleva semplicemente significare “Questa settimana in mtb ci sono andato solo 6 ore”. Ci vuole sempre la tara con certi atleti.

Va detto che ho sdoganato una piccola verità: quando c’è Alessandro rischio sempre la vita, l’ultima volta mi sono fatta un occhio nero. Ieri non sono caduta, qualche livido, ma normale amministrazione. Sarà tutto merito di quel cornetto rosso che porto in tasca e fatto benedire dalla madonna di fatima.

Diego ha parlato di giretto tranquillo: beh, all’inizio tutto ok. Salita normale, strada bianca, nulla di che. Poi discesa tecnica: sorriso da orecchio ad orecchio per Alessandro, almeno poteva provare i suoi 45 giri. Dopo un altro tratto ci ritroviamo in cima al mondo. Da lassù potevamo scorgere i monaci buddisti attaccati dalle truppe cinesi. Da lassù potevamo scorgere l’ospedale di castello le cui ambulanze non ci avrebbero mai raccolto. Poi parla di un sentierino carino per scendere, che percorre il crostone della montagna. Al sentire parlare di Crostone Roberto, ormai cuoco provetto, pensa subito a qualche ricetta. Ma in realtà trattasi di sentiero largo esattamente quanto il battistrada delle nostre gomme (probabilmente il solco ce lo ha fatto diego da solo),che se per disgrazia ti prende una folata di vento di traverso caschi di sotto e i parenti possono direttamente organizzare la fiaccolata commemorativa. La provvidenza vuole che il crostone non ci si magna tutti e quattro e allora di nuovo Diego se ne esce con una delle sue asserzioni caratterizzate da una tendenza al ridurre ai minimi termini quello che in realtà si mostra diverso. “Ora c’è solo un breve tratto pieno di foglie secche che coprono alcuni sassi che spuntano”. Bene, premetto solo che è sceso dalla bici anche Alessandro. Potete solo pensare come ho affrontato io la cosa. C’erano sia foglie che sassi, ma i sassi erano MASSI ed erano questi ultimi a coprire le foglie. Per un attimo ho pensato di dedicarmi alla dottrina ascetica e vivere nei boschi di insetti e radici, poi mi sono riavuta e a carponi in qualche modo l’ho spuntata. “Ora c’è un sentiero dentro la pineta”. Nessuno più lo prendeva sul serio e io ho addirittura pensato che me la sarei dovuta vedere con dei Trent assassini. Per chi non fosse un amante dei giochi di ruolo sappia che i Trent sono alberi enormi che hanno vita propria, parlano e si muovono. Dopo tutto questo, Diego ha pure avuto il coraggio di farci percorrere 2 chilometri di asfalto. Per il senso di devianza con cui lui definisce le cose dovrei dire che per raggiungere le nostre auto ci ha fatto sfrecciare sul rettilineo finale dell’Indianapolis. Ma non vorrei infierire visto che è la prima volta che mi permetto di renderlo protagonista di questi epici resoconti informatici.

2 commenti:

Permaz ha detto...

Bellissimo il post, ma soprattutto posso dire "io c'ero". Grazie Diego per questo splendido percorso! Non vedo l'ora di rifare la mitica Pinetina!

Anonimo ha detto...

BUONA PASQUA!

Complimenti per il post!
Cmq se trovi un elicottero che porta in cima il tuo amico fammi un fischio e mi associo!
Noi, in compenso, ci siamo fatti portare con un fuoristrada in cima al Monte Catria e la discesa è stata da urloooooooooooooooooo!