Una
donna non dovrebbe mai e poi mai avvicinarsi all'attività fuoristrada. Tale
disciplina, se presa con una certa serietà e non con la stessa dedizione di
coloro che vanno a correre solo a Natale e Capodanno per smaltire i cenoni,
porterà ad una totale metamorfosi dell'atleta in rosa. Si troverà, causa forza
maggiore, a dover riporre la propria femminilità in un luogo sicuro, lontano da
boschi e carrarecce. In principio sarà solo un po’ di polvere a procurare
qualche cruccio, ma col trascorrere dei chilometri, prendendo confidenza con la
disciplina e soprattutto attraversando le varie stagioni dell’anno, si
comprenderà che le ruote grasse non son roba per signorine schizzinose.
La
primavera è bellissima, la terra riprende vita: chi è allergico ai pollini lo
senti imprecare in aramaico antico. Se non si è allergici si impreca comunque
poiché questi simpatici scampi di fioritura si appiccicano al sudore ed entrano
negli occhi tanto che si parte essere umano e si torna con le sembianze di un
pulcino spelacchiato. Per non parlare dell’estate: caldo, sole, cielo limpido.
Sarà divertentissimo scendere a patti col fascino dell’abbronzatura pezzata,
coi tafani in agosto che ti tamponano poiché essi raggiungono i 20km/h mentre
noi in una salita al 25% con 35° è di grazia se raggiungiamo con la mano la
borraccia per non morire sul colpo. L’autunno è il momento magico per una lady
biker. Il corpo trasuda lievemente e il rimmel non cola, si può sfoggiare
finalmente una gamba bronzea e ormai scampata dagli agguati dell’insetto sopra
citato. E’ pur vero che un nuovo animaletto giunge a farci compagnia:
direttamente dalla famiglia degli eterotteri ecco la cimice. Innumerevoli volte
la porterete a spasso per sentieri senza accorgervene, a volte pure dentro il
garage di casa al ritorno e se a voi farà schifo, scomodate un filo di empatia
e provate ad immaginare quanti colpi potrà mandarvi lei che di sicuro alla sua
di casa non ci tornerà più. Ma tutto ciò è niente rispetto a quello che state
per affrontare ragazze: l’incubo di ogni amante dell’off road, uomo o donna che
sia, l’orco malvagio che popola le nostre colline negli ultimi mesi dell’anno.
Una specie mai a rischio di estinzione eppure considerata categoria protetta.
Quando vi si parerà davanti comprenderete con lucidità che ogni inconveniente è
relativamente sopportabile rispetto a questo. Il cacciatore. Sarà facile
riconoscerlo. Pare che per vestirsi abbia scortecciato un albero e ci abbia
cucito sopra un numero infinito di tasche. Viaggia da solo o in branchi. Il
solitario, fino ad un certo step anagrafico è innocuo. Ma se viaggia in branco
è micidiale. Vi troverete dinnanzi alla cosiddetta “battuta”, la cui
peculiarità non è quella di far ridere, bensì di far due cose: impadronirsi
dell’intera collina costringendovi alla ritirata e abbattere un cinghiale. Il
primo obiettivo solitamente lo centra in pieno grazie ad un’arma al seguito che
intimorisce. Per quanto concerne il secondo dovremmo aprire un dibattito.
Ed
ecco piombare l’inverno: mistico nel suo regalarci degli scorci di valli
addormentate, di natura lontana ancora dal divenire. Corroborante la sensazione
di mille coltelli che trafiggono mani e piedi congelati il cui tentativo di
riscaldare potrà scomodare gli stratagemmi più impensabili che vanno
dall’incartare col domopak le estremità fino all’imbustarle con gli stessi
sacchetti di plastica che le nonne riempiono di cappelletti e stipano in
congelatore per Natale. Metodi molto poco ortodossi il cui risultato sarà quello
di avere la suggestione di numerose anguille che sguazzando dentro le scarpe.
Ma si sa: l’altra metà del cielo è famosa per essere portatrice sana di mani,
piedi e chiappe gelate. Oltre a stringere i denti ed indossare tutto ciò che si
possiede non si può fare: scoprirete care colleghe che sarà più il tempo
impiegato nel prepararvi ad uscire, che quello dell’uscita stessa. Per ovviare
alle dolorose problematiche invernali qualche malintenzionato tenterà di farvi
imboccare la cattiva strada dello spinning. Non cedete alla tentazione, nessuna
palestra di questo mondo potrà donarvi il meraviglioso e tangibile stupore del
mutare del tempo percepito attraverso ognuno dei vostri cinque sensi. E la pena
momentanea è un prezzo più che onesto per il valore che vi viene reso in
cambio. Percepire sulla propria pelle un mondo in continuo divenire ci
dà la misura di quanto sia viva e vitale la realtà che ci accerchia. Una strana
confusione finirà per pervaderci, simile a quella che sperimentiamo quando
siamo tra sonno e veglia e ci par di cadere. Dicono che quella paura ricorrente
di cadere sia un retaggio antico appartenente alla memoria ancestrale che i
nostri antenati arboricoli avevano di cadere dalle grandi altezze. E gli uomini
provengono da quelli che riuscirono ad afferrarsi ad un ramo prima di
schiantarsi a terra, gli altri discesero, questo sì, ma non lasciarono
discendenza. Noi, invece che ad un ramo ci afferriamo ad una bicicletta che ci
restituisce l'immagine nitida di quello che siamo quando veniamo denudati della
nostra modernità e il riflesso che scrutiamo a volte ci appaga e altre ci
spaventa. Un giorno ci sentiamo forti e il giorno dopo vorremmo molto di più.
E' umano sentirsi smarriti, ma il ciclista è essere sovrumano e di questa
dimensione di solitudine si nutre perchè conosce se stesso meglio di chiunque
altro e può fare affidamento solamente sulla macchina perfetta che lo porta: il
suo corpo e il proprio spirito, che trascende da ogni discriminante di genere.
Che siamo uomini o donne alla fine è decisamente relativo.